ALESSANDRA
LONGO ROMA -- Un topo di fogna che esce da un
tombino: sono passati 30 anni dal 1977 e la destra
ricorda così "la sua meglio gioventù",
quella dei campi Hobbit, dei primi raduni giovanili,
inventati da Pino Rauti, che facevano il verso alla
sinistra, che tentavano di sfidarla culturalmente
che cercavano di entrare in sintonia con la
società, sostituendo ai santini del Duce gli eroi
della Fantasy di Tolkien, al fez di Salò la croce
celtica. I fascisti-ratti, i fascisti-carogne che
escono alla luce e si guardano intorno. Un'immagine
uscita allora sulla pubblicistica del
"nemico" e adottata oggi, con una buona
dose di ironia, dagli stessi protagonisti di
quell'esperienza (Il topone nero è la scelta di
copertina del mensile Area, vicino alla destra
sociale). 11 giugno 1977:a Montesarchio, Benevento,
i camerati si ritrovano per la prima volta per una
due giorni di musica alternativa e dibattiti sulla
questione giovanile e femminile, sulla musica pop,
sul teatro d'avanguardia. Una sorta di Parco Lambro
di destra, una Woodstock, un po' inquietante, con le
bandiere di Ordine nuovo e slogan come: "Né
Marx né Coca Cola, né banche né Soviet".
Inseguendo, la scia di quel passato, Benevento,
giunta di centrosinistra, ospiterà questo sabato un
raduno della memoria organizzato da un periodico
locale, non senza il malumore dei locali gruppi
anarchici. Ci saranno Rauti e tutti i duri e puri
ancora in circolazione, da Roberto Fiore alla
Mussolini, da Adriano Tilgher a Luca Romagnoli,
molti dei quali per la verità, poco hanno a che
fare con la solarità fascista dei Campi Hobbit e
molto invece con gli Anni di Piombo e con la
speranza attuale, di aprire un cantiere della destra
estrema. "Mi sembra un'appropriazione indebita
del ricordo" commenta Gianni Alemanno.
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Lui sì ragazzo Hobbit per eccellenza. Storia di una
generazione, di complicità, amicizia, amori,
propiziati da quel clima di ribellismo, di
iniziazione, di "mutazione antropologica",
molto malvisto dal Msi di Almirante, poco conosciuto
a sinistra perché non c' era comunicazione, se non
quella fisica, di sangue, tra i due mondi. "Io
e Isabella Rauti ci siamo conosciuti nel 1981 ad un
campo Hobbit, il quarto, l'ultimo, forse il meno
noto. Un Hobbit senza musica e senza festa. C'era
stato il terremoto in Irpinia e ci trovammo tutti
là con una colonna di soccorsi. Fu in
quell'occasione che vidi lei per la prima volta. Era
molto giovane, ci fidanzammo in seguito". In
effetti la figlia di Pino Rauti aveva 18 anni:
"Mi ricordo benissimo che apparve questo
Alemanno da Roma. Di lui avevo sentito parlare
molto. Lo vidi, ci parlammo, memorizzai il suo viso,
poi io fui assalita da una febbre a 39 e me ne
andai. L'amore venne dopo. Ricordare i campi Hobbit
per me significa ricordare un pezzo di vita. Li ho
fatti tutti, anche quello del 1977. Avevo 14 anni,
ci andai con mia sorella Alessandra e per la prima
volta dormimmo all'aria aperta, in una canadese a
due posti. Il posto era bruttissimo, era un campo di
calcio pieno di pietre, battuto da un sole
cocente". Che cosa pensavate di fare? "Ci
stavamo aprendo al mondo in anni terribili,
cercavamo di esorcizzare il sangue, il lutto con la
festa. Siamo noi che abbiamo imposto al Msi dei temi
che oggi si definirebbero no global: la questione
dell'indipendenza irlandese, la questione
palestinese, il mercato senza regole, l'ambiente,
addirittura il pacifismo di Gandhi, poi evocato nelle
sezioni più blindate" "Era la rottura con
la cultura simbolica del partito -spiega Alemanno-
l'affermarsi: di un gramscismo di destra che
prevedeva l'uso della metapolitica per conquistare
la società civile". Ma c'era anche l'aspetto
"ludico", con i loro gusti,
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i falò nella
notte, la musica della Compagnia dell'Anello, i
murales sulle lamiere, le
croci celtiche umane. L'altra faccia dell'Italia.
1977: un anno prima di Moro di Acca Larenzia, tre
anni prima della strage di Bologna. "Io e
Gianni ci siamo mossi in questa cornice". Una
cornice tremenda, come ricorda Flavia Perina ora
direttore de "Il Secolo", anche lei una
reduce Hobbit: "Abbiamo vissuto il nostro '77
danzando sull'orlo degli Anni di Piombo. Eravamo
stupidi, mitizzavamo un'epica quotidiana nutrita di
scontro fisico, prigione e lutti, mentre c'era solo
il disastro di una guerriglia asimmetrica in cui
soccombevano i ragazzi lasciati di guardia al bidone
di quella stagione di follia". Il terzo Campo
Hobbit 16-20 luglio 1980, a Castelcamponeschi, borgo
disabitato vicino a L'Aquila, è quello che è
rimasto nel cuore politico di Alemanno che ritaglia
per sé e il suo gruppo il ruolo di buono: "Hobbit
è l'apogeo, il punto di massima intensità ma è
anche l'inizio della diaspora. Erano ormai evidenti
le due anime, quella estremista della violenza,
rappresentata da Terza Posizione, che venne lì a
provocarci, e quella dei giovani legati
all'esperienza di un '68 di destra, le radio libere,
la musica, la grafica, la Fantasy di Tolkien, la
voglia di superare la logica degli opposti
estremismi". E' il Campo Hobbit che segna l'
abbandono di un intellettuale come Marco Tarchi,
deciso a prendere la sua strada, sempre più lontana
e critica, è il Campo Hobbit che produce la sorpresa
più incredibile per quel mondo: "Finimmo sulla
prima pagina de "il manifesto" -ricorda
Alemanno- Si erano finalmente accorti di noi!".
Roberto Fiore, Forza Nuova oggi, Terza Posizione
allora, non ha struggimenti di alcun tipo:
"Eravamo noi i veri rivoluzionari. Contestavamo
il Pci a Roma mentre loro ascoltavano musica sul
prato".
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