Non delude le attese il nuovo cd del gruppo, "Di là dall'acqua", che concilia tradizione e innovazione
Il ritorno della Compagnia dell'Anello
Temi più intimi e meno "arrabbiati" ma di grande intensità e potenza visiva

ANNALISA TERRANOVA
N

ON delude le  attese il nuovo cd   della Compagnia

  dell'anello, «Di là dall'acqua», che giunge ben dodici anni dopo l'ultimo disco, «In rotta per Bisanzio» (1990). Il sound ricorda sempre le ballate di De Andrè, i temi invece si fanno più intimi, meno collegati all'immaginario politico classico della destra, ai suoi miti e ai suoi eroi,  che ispirarono canzoni cult dell'ambiente, come la famosa "Terra di


Qui sopra: Marco Priori. A sinistra: Mario Bortoluzzi. In alto: Alessandro Chiarelli. In basso a sinistra: la copertina del cd

Il dramma del popolo istriano, temi tradizionalisti, ecologia e orgoglio per le «radici che non gelano» si fondono in un sound inconfondibile. Ma c'è anche spazio per un inno antiglobalista: «Madre terra», sulle note riadattane di un ritmo celtico, un j'accuse contro «uri mondo rivoltato nella natura tutta»


Thule" Tradizione e innovazione si fondono in undici testi di notevole potenza visiva,  che parlano all'anima senza l'aggressività delle canzoni arrabbiate stile anni Settanta, con un tocco soffice, ma durevole.
 Amarcord
Unica eccezione, «Anche se tutti.., noi no!», fiera rivendicazione della ormai passata stagione della militanza, quando la diversità era motivo di orgoglio e il "ghetto" era vissuto come libera e consapevole scelta. C'è il ricordo: «Forse era solo uno sfogo/ di un ragazzo arrabbiato/ ma io vent'anni dopo/ non l'ho ancora dimenticato/ perché sai certe emozioni/ soprattutto se sincere / le conservi nella mente / e diventano bandiere». E il timore: «Stiamo buttando alle ortiche/ per inseguire il potere/ la nostra fede più antica e le ragioni più vere...». Un inno alla fedeltà alle «radici che non gelano» non poteva del resto mancare nel biglietto da visita musicale di


 

all'interno delle Bocche di Cattaro in Dalmazia, qui veniva  custodita la bandiera di battaglia dell'Armata da mar della Serenissima. Ogni anno venivano scelti 12 gonfalonieri perastini e imbarcati sulla nave ammiraglia della flotta.
A Lepanto ne caddero sotto il fuoco turco otto su dodici, man mano che morivano venivano rimpiazzati dai compagni, senza battere ciglio. «Quando Napo leone; vendette la Dalmazia all'Austria - spiega Bortoluzzi - e  prima che arrivasse la flotta dell'Imperatore, il popolo di Perasto si riunì nella cattedrale e depose la bandiera di San Marco sotto l'altare, bagnata del pianto di tutti i perastini. Il conte Giuseppe Viscovich pronunciò allora la famosa orazione di Perasto rivolta a San Marco e alla Serenissima, meglio conosciuta come l'orazione "Ti con nu, nu con ti" a causa della famosa espressione di fedeltà contenuta. Una storia insomma - conclude Bortoluzzi - che non troverete mai nei manuali dei licei, parla infatti della fedeltà e del coraggio degli italiani di Dalmazia».
 


Genuinità perduta
Dalle storie inattuali a quelle attuali ci porta invece l'inno no global della Compagnia, «Madre terra», sulle note riadattate di un ritmo celtico, un j'accuse contro «un mondo rivoltato nella natura tutta» : «La mia terra piange/ le sue fonti avvelenate/ la plastica nel pane/ le campagne abbandonate/ l'usura
organizzata/ dalle multinazionali/ la chimica nei campi/ trasformati in ospedali / ma senza onore no/ ma contro l'uomo no/ andare non si può...». Canzone ecologista, atto di fede nella genuinità perduta ormai anche nei cibi,  che invita a un "pentimento collettivo" per il trattamento riservato alla madre terra. Più tradizionalista la canzone che chiude il cd, «Solstitium», dove riecheggiano toni di speranza sull'avvento di una «nuova alba» che non solo metterà fine alla notte più lunga dell'anno ma potrebbe segnare anche la fine di un periodo di transizione della destra italiana i cui tragitti sono stati spesso accompagnati dalle canzoni della Compagnia dell'anello.

un gruppo che si ispira a J. R. R. Tolkien e che concede alla nostalgia autoreferenziale, oltre ad un ritratto di Bortoluzzi diciottenne, le foto di tutti i componenti della compagna da piccolini, compreso l'intellettuale-editore Adolfo Morganti, sul cui bavaglino spicca un cuore vandeano. Uno "scherzo" teso a evidenziare ché, per certi soggettacci, il destino di reazionari è segnato fin dalla più tenera età... Grande spazio occupa il tema

 della sofferenza del popolo istriano, della sorte di quelle terre dove «anche le pietre parlano italiano». «Ogni anno andiamo in vacanza in Dalmazia - racconta Mario Bortoluzzi; leader del gruppo - troviamo un'isoletta dimenticata. Conosciamo bene la storia di quelle terre e per me ci sono anche motivi familiari, visto che mia nonna era una profuga istriana...». Ben tre canzoni sono dedicate all'argomento e una in particolare, «Addio a Perasto», ripropone una storia realmente accaduta ma poco nota. Perasto è una piccola città



S
ENZA alcun dubbio parlare della Compagnia dell'Anello equivale a raccontare 30 annidi musica alternativa Infatti il gruppo padovano di Mario Bortoluzzi vanta almeno sette "record"


Cosa ha rappresentato per la giovane destra il gruppo padovano

Colonna sonora
di una generazione

FEDERICO GENNACCARI


"Terra di Thule", "Il costume del cervo bianco", "li contadino, il monaco, il guerriero" oppure quelle più sofisticate de "In rotta per Bisanzio" con le suggestive note di "Bag Pipe March" e "Al largo della laguna"
che contano per l'ambiente politico della giovane destra. Il primo è quello di essere stato il primo complesso di musica alternativa  Era il 1973 e Mario con Roberto Meconcelli, Gigi Toso, Fabio Ragno e Loris Lombroni formò il Gruppo Padovano di Protesta nazionale. Secondo: aver composto la prima canzone, "Padova 17 giugno", scritta dopo l'assalto omicida delle Brigate Rosse alla federazione del MSI-DN, in cui vennero uccisi Graziano Giralucci e Giuseppe Mazzola Terzo: aver inciso "Il domani appartiene a noi" ovvero l'inno della giovane destra.  Quattro: essere stati fedeli al nome di Compagnia dell'Anello, assunto nel 1977 (con Mario c'era Junio Guariento). Infatti la formazione di almeno sei elementi è sempre cambiata, da vera Compagnia dato che intorno a Mario si sono  alternate negli anni circa una ventina di  persone, provenienti da tutta Italia: non solo Padova, ma anche  Palestrina, Rimini, Milano (speriamo di non aver dimenticato qualche altra città).  Quinto: gruppo più "prolifico" come album. La Compagnia ha inciso una musicassetta ("Dedicato all'Europa" nel 1977) e due dischi ("Terra di Thule" nel 1983  e "In rotta per Bisanzio" nel 1990), oltre a due album "live": "Concerto per Almerigo" (registrata a Trieste il 28 giugno 1987, omaggio all'indimenticabile Almerigo Grilz, prima dirigente del FdG e poi brillante fotoreporter, ucciso in Mozambico mentre documentava una delle guerre scomode e dimenticate di quegli anni) e "Concerto del Ventennale" (registrato a Monza l'8 dicembre 1996 assieme agli Amici del Vento per festeggiare i vent'anni dalle  prime registrazioni di musica alternativa). Sesto: il gruppo più "riflessivo" (e qui non ce ne vorranno Mario, Marinella e gli altri) dato che tra un lavoro e l'altro le pause sono state assai lunghe dato che sono occorsi 6,7 e 10 anni (10 anni è anche il divario tra i due album live). Il settimo, infine, è il record più bello; quello che in fondo ce li fa dimenticare tutti: la Compagnia dell'Anello è stato l'unico gruppo che in questi 30 anni è sempre stato in attività.
Magari un'attività non esasperata, spesso col "contagocce" dato che in alcuni anni i concerti tenuti  SI sono potuti contare sulle dita di una mano.
Non ci si deve meravigliare perché la Compagnia non è un gruppo di musicisti professionisti, ma un gruppo di musicisti dilettanti (ma non si deve pensare aduna qualità inferiore) ed essendo una Compagnia non sono mai  mancati i problemi "logistici"per combinare le esigenze di tutti.  E per il resto parlano le  loro canzoni, brani che hanno accompagnato gli ultimi trent'anni (e almeno tre generazioni) della giovane destra come del resto quelle degli Amici del vento, degli Zetapiemme, di Fabrizio Marzi, di Michele Di Fiò etc. Brani che inizialmente hanno raccontato gli anni '70, gli "Anni di porfido" riprendendo l'aspetto cabarettistico ("Boris e Ivan"), oppure raccontando le inchieste contro i giovani missini con un filo di ironia come nel caso di "Police's blues" e "La ballata del nero" e anche senza come "A Piero" o "La rivolta degli atenei" o con la poesia de "La canzone del lago" per superare gli odi della guerra civile nel 1943-45. Canzoni per guardare oltreconfine come "Dedicato all'Europa", "La foiba di San Giuliano", "Jan Palach" e "Alato Escoffier", il giovane francese che come Palach SI bruciò a Parigi davanti alla sede delle linee aeree sovietiche per protestare contro le dittature comuniste. Canzoni semplici da voce e chitarre, poi seguite da elaborazioni sempre più complete con l'utilizzo di strumenti come il flauto o addirittura la cornamusa per descrivere al meglio le atmosfere  medievaleggianti (e tolkieniane) di oppure le storie di "Gahel" e "Canto di un cavaliere errante" e la ricerca filosofico-spirituale di "Giornate di settembre" e "Lhasa". Canzoni per stare sempre "Sulla strada" della vita e dell'impegno, come cantano in questo brano che può essere considerato il loro manifesto: "Strade d'Europa, stanchi, sporchi, ma felici, prendi dalla vita ciò che puoi, porta il tuo canto fino in Romania, bacia il grano di Budapest Cerca fra le rocce grigie di Stonehenge, braci nella notte, bevi il the, parla con i  venti che vanno verso nord canta con il lama di Rikon..  Fiori e sorrisi sulla   strada verso il sud, indica il leone "Tibi Pax", danza nel castello sulla rocca di Cison, poeti e cavalieri insieme a te... Strade d'Europa,  nello zaino libertà, forse un giorno l'ombra fuggirà, le sue mani sporche dal sole leverà, un'aquila è nel cielo sopra te".